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      Il risultato del lungo colloquio tra loro riuscì secondo i miei desideri. Il giorno dopo mia madre venne a prendermi con una carrozza, e andammo in una sua villa a poca distanza dalla città.
      Il piacere di aver vinta la partita, la novità della scena, l'aria balsamica, la libertà piena ed intera che godevo, tutto servì a empirmi l'animo di felicità. Alla fine di una settimana avrei affatto dimenticata la mia ultima disgrazia se un grande livido sopra l'occhio destro non me l'avesse rammentata. Ciononostante, l'assoluta solitudine, poiché né mio padre, né alcuni dei miei fratelli s'eran fatti vedere, cominciò a riuscirmi pesante, e spesso pensavo con dolore al povero Alfredo, alla nostra giovane repubblica ed ai premi che potevo riportare e che non avrei riportato. A farla breve, alla fine di un'altra settimana mi sentivo nella noia e nella miseria fino alla gola. Mia madre venendo da me in uno di questi momenti d'abbattimento: "Ebbene" mi disse "figliuol mio, che cosa pensi quanto a tornare in collegio, rivedere Alfredo e vincere tutti quei premi che puoi avere, stendendo soltanto la mano?". Sulle prime finsi di fare un po' di resistenza, ma finii con l'arrendermi, a condizione però che al termine dell'anno scolastico, a cui mancavano due mesi appena, sarei stato tolto dal collegio. Su ciò non poteva esservi alcuna difficoltà, poiché la cosa, come seppi poi, era stata molto tempo prima decisa al quartier generale, ed il mio più giovane fratellino doveva entrare al mio posto.
      La sera stessa di quel giorno in cui ebbi questo colloquio con mia madre, rientrai in collegio.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Alfredo Alfredo