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      Era dunque convenuto che nessuno andrebbe a letto: ma qualche cosa bisognava pur fare per passare il tempo. Lo Sforza mise insieme una marcia militare su e giù per il dormitorio. Marciavamo a quattro a quattro, imitando il suono delle trombe, e di quando in quando fermandoci per gridare: "Vadoni! Vogliamo il Vadoni!".
      Però tutta la notte non poteva essere passata in questo modo, e non so se avremmo finito col buttarci a letto, se nessuno fosse intervenuto. In verità, la meglio sarebbe stata lasciare che il fuoco si spegnesse da sé, e non capisco come i superiori non scegliessero questo modo. Come ho accennato, una specie di languore cominciava a impadronirsi degli ammutinati, quando saltò in testa al P. Ministro di provarsi a far qualche cosa. La sua comparsa fece lo stesso effetto che un barile d'olio gettato sopra carboni mezzo spenti. Le grida, gli urli "Vadoni! Vadoni!" ricominciarono peggio di prima. Una specie di furia invase gli animi di tutti. Lo Sforza, presa con impeto la coperta del suo letto, la gettò in mezzo al dormitorio. Tutti facemmo lo stesso. Dopo le coperte vennero i guanciali, poi le materassa; e così fu alzato nel mezzo della sala un gran monte di panni da letto. Qual era il fine di questa operazione? Nessuno. Si disse poi, e i superiori accreditarono la voce rimasta in appresso tra le memorie del collegio come una tradizione di terrore, che era nostra intenzione di metter fuoco a quel monte di panni. Nulla di tutto questo. Né lo Sforza, né alcun altro della camerata mosse parola ed ebbe l'ombra del pensiero di un'azione così temeraria.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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