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      Questo foglio passato di mano in mano giunse presto nelle mie. Non aveva indirizzo, e c'era soltanto scritto nella parte di fuori: "Consegnatomi da Alfredo che ho incontrato in guardaroba". Apersi presto presto il biglietto e vi lessi ciò che segue, scritto con lapis: "Sono espulso. Non ho potuto fare a meno di confessare che io fui che ruppi la lampada. Spero che nessuno vorrà dubitare della verità di quel che dico. Non ti affliggere per me. Io posso facilmente rabbonire mio padre. Sempre tuo, Alfredo".
      A bene intendere questo biglietto è necessaria una piccola spiegazione. Il lettore ricorderà di certo il fatto che nella notte del trambusto troncò a mezzo il discorso del P. Rettore e la dette vinta ai ribelli, voglio dire la rottura della lampada che rischiarava il dormitorio. Ebbene, lo confesso con tutta umiltà, l'autore di quel fatto fui io! L'istrumento di cui mi servii era stata una scarpa, la prima cosa che mi venne alle mani. Essendo il mio letto e quello di Alfredo l'uno accanto all'altro, quella sorta di proiettile, come volle la mia sfortuna, apparteneva a lui. Qualcuno, forse il prefetto, l'aveva raccolto come una prova del processo. Appena Alfredo al cospetto del Rettore si vide presentata la scarpa, capì subito che la sola maniera di salvarmi era quella di addossarsi la colpa; e quel caro ragazzo non aveva esitato un momento a sacrificarsi per il mio bene.
      Il biglietto di Alfredo fu un colpo di fulmine. Il suo sacrifizio destava in me tutti i generosi sentimenti della mia natura.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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