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      In questa occasione io ero destinato a far molto onore a me stesso, il che naturalmente tornava ad onore del convitto. L'alunno che, nel caso fossi mancato io, avrebbe fatto miglior figura, era un esterno che teneva dopo di me il primo posto della classe. Ora i reverendi Padri non avevano molto piacere che gli esterni si segnalassero sopra i convittori. Questa considerazione poteva essere stata di qualche peso, perché il P. Rettore si contenesse con me in quel modo? Io propongo semplicemente la questione al lettore, lasciando alla sua sagacia il risolverla. È certo però che quando manifestò il desiderio di voler risparmiare un dolore a mia madre, in questo era sincero; poiché, come ebbi a dire un'altra volta, aveva molto rispetto di quella egregia piissima donna.
      Per meglio conoscere tutto il valore del sacrifizio di Alfredo, debbono essere spiegate le funeste conseguenze della espulsione da un collegio. In un paese dispoticamente governato, come era il nostro, dove tutti giovani e vecchi erano formati alla cieca ubbidienza, qualunque atto che accennasse un animo indipendente, fosse anche un ghiribizzo giovanile, era avuto per un delitto di Stato; e così si impediva ogni avanzamento nella vita civile a quel giovane infelice che fosse stato colpito da questa condanna. Un giovane espulso da un pubblico collegio trovava per sempre chiusa la via agl'impieghi ed anche alle professioni liberali, alla legge, alla medicina, e insomma a tutte quelle professioni per le quali si richiedeva un grado universitario: poiché le porte dell'università non si aprivano mai per lui.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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