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      Vi era, in ispecie, un paio di mani delicate che non istettero mai ferme, che sempre batterono con vigore incessante, le quali io non perdei mai di vista, e il plauso mi andava direttamente in cuore.
      Dopo la distribuzione dei premi, andammo in refettorio, dove era preparata una cena magnifica, a cui erano ammessi anche i parenti di quegli alunni che avevano riportato un premio. Alfredo, tenendosi attaccato alle vesti di mia madre, poté introdursi con lei nell'appartamento. Un'altra specie di ovazione mi fu fatta là dentro. Tutti gli alunni, e anche i superiori, mi abbracciarono l'uno dopo l'altro: le signore e i signori presenti vollero fare lo stesso: ognuno volle vedere e toccare il piccolo portento. Le lodi, i complimenti, le carezze furono tante, che n'ebbi quasi a rimaner soffocato.
      Finita la cena e sbollito alquanto l'entusiasmo, mi congedai dal buon P. Rettore e da tutti i reverendi Padri presenti, e affaticato dalla soma dei libri e delle corone uscii di collegio, questa volta per non tornarvi mai più. A braccetto con Alfredo, in compagnia di mio padre, di mia madre e di due miei fratelli, me ne andai a casa.
     
     
     
      CAPITOLO XIII
     
     
      Idee assurde e freno messo a tempo.
      Continuo i miei studi nel Seminario
      e m'imbatto in un vecchio nemico
     
      Che il successo senza esempio da me ottenuto e il genere d'ovazione, di cui ero stato l'eroe, mi avessero dato un po' alla testa, è cosa da non recar meraviglia: né la sconfinata ammirazione d'Alfredo, come pure il modo con cui la dimostrava, erano certamente fatti per diminuire quella specie di ebbrezza in cui mi trovavo; e se non entrai nel gran mondo con la lancia in resta, nell'atteggiamento d'un conquistatore, debbo però confessare che il sentimento in me prevalente era quello che la società avrebbe fatto un grande acquisto il giorno che fossi entrato in mezzo a lei.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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