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      L'unica, ma assai profonda impressione che mi avevano lasciato, era che lo zio Giovanni non voleva bene ai ragazzi. Questa persuasione, che in quel momento si ridestava con tutta la sua forza dentro di me, non era certamente la meglio adatta a darmi coraggio.
      Lo trovai che leggeva, e siccome stava piegato sopra il libro, non potei non rimaner colpito dalla nobile regolarità del suo profilo e dalla espressione pensierosa del contegno. Come più tardi avvertii, era un ritratto vivente di Leonardo da Vinci. Quantunque sui sessanta, i suoi capelli, che portava assai corti, erano sempre neri, leggermente brizzolati, il che formava una tinta turchiniccia molto singolare, e con una sfumatura gradevole all'occhio: "Oh, oh, ragazzo mio!" e si alzò per meglio esaminarmi. "Chi è stato il sarto che ha fatto in voi una tale figura?". Il rossore mi salì fin sopra gli occhi. "Non abbiate vergogna, mio caro" continuò egli; "al mio tempo ho avuto anch'io di queste assurdità. La maggior parte degli uomini che vestono panni (i selvaggi che vanno ignudi ci superano di gran lunga in questo punto) la maggior parte, dico, di essi risica di rimaner vittima del proprio sarto. Nessuno, prima dei quarant'anni, ha mai saputo come vestire. Ora quello che intendo dire è che se vostro padre ha il buon senso di affidarvi a me (il grande ideale di mio zio era che io entrassi nel commercio sotto la sua direzione, cosa aborritissima da mio padre), non è questa la tenuta, in cui vorrei vedervi presso i Banchi" (tale è il nome della Borsa, vicino alla quale mio zio aveva passati gli ultimi venti anni di vita).


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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