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      Un professore che ci mostrasse benevolenza (e ve ne erano alcuni), non ardiva scoprirsi quando avrebbe voluto, perché sapeva che era vigilato al pari di noi e che un rapporto sfavorevole poteva costargli la cattedra. Professori e studenti erano ugualmente spiati dai servi della Università, come i portieri, i bidelli, i custodi, ecc., i quali erano altrettante spie: poiché il far la spia era la condizione necessaria per aver o per conservare l'impiego. Costoro facevano di tutto per pigliare a volo le nostre parole, che riferivano a modo loro, aggiungendovi qualche piccola nota a carico di questo o di quello. Sentivano tutto il loro potere e ne usavano come sogliono le persone ineducate, cioè rozzamente e insolentemente. E lo scolaro che si fosse provato a richiamar qualcuno di questi tali ai propri doveri, si metteva a una impresa molto pericolosa; poiché fra l'affermazione di uno studente e quella d'un servo, il secondo era sicuro di essere creduto di più. Nulla fu per me più penoso de' miei primi passi in quel piccolo mondo di bassi sentimenti, d'ignobili fastidi, d'inganni e di oppressione: nulla di più scoraggiante del mio avanzarmi a grado a grado in uno stato di cose al quale riluttava la mia natura. Qui sparivano davvero i palazzi incantati, le principesse e le avventure romanzesche. Il mio mondo fittizio cadeva in frantumi dinanzi alle tristi realtà che mi vennero addosso. Questo primo periodo della mia vita universitaria fu molto arido e triste. Ero infelice e mi sentivo solo!


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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