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      E a tale effetto si adoperava il modo seguente.
      Diversi tabelloni di legno pendevano dalle pareti. Ciascuna facoltà, la legge, la medicina, la teologia, ecc., aveva uno o più tabelloni, nei quali erano inserite lunghe file di cavicchi mobili, ed a capo di ciascun cavicchio era scritto il nome di uno studente. Ogni studente, entrando in Congregazione, dichiarava la propria facoltà e diceva il suo nome al Prefetto o a qualche assistente, che subito tirava fuori il cavicchio di lui. Il cavicchio, tirato fuori o lasciato dentro, provava la presenza o l'assenza dello studente. Per ogni nuovo admittatur era necessaria la firma del Prefetto della Congregazione, e chi fosse mancato solo due volte nei tre mesi perdeva il diritto d'ottenerlo. Era un altro ceppo ai nostri piedi.
      Certo la preghiera è un'ottima cosa, e la preghiera in comune è un solenne dovere: ma siccome non in tutte le ore lo spirito è disposto a pregare, così parrebbe che questa cosa più che qualunque altra dovesse essere lasciata alla libera volontà dell'uomo. In ogni caso, confesso che non ho mai capito la preghiera per forza e questo mio sentimento, buono o cattivo che sia, era comune alla maggior parte degli studenti, i quali accolsero malvolentieri il ristabilimento della Congregazione.
      Sulle prime avvenne anche qualche leggiero disordine, che spiegava abbastanza il generale malcontento. Talora tutta la Congregazione pareva muta e nessuno rispondeva, tal'altra dava in un tale scoppio di voci da farne tremar le finestre, come se fosse avvenuto lo sparo di un cannone.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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