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      Altre volte durante la predica un insulto universale di tosse e di starnuti veniva a soffocare la voce del predicatore. In verità, le funzioni non finivano mai, e si facevano due volte al giorno, la mattina e la sera. Essendo la domenica l'unico giorno di vacanza nella settimana, ci dispiaceva fortemente di perdere la nostra libertà. Era assai duro nella cattiva stagione, ma quando tornava il bel tempo, quando la campagna aveva tutta la sua forza attrattiva, l'essere costretti ad abbandonare il pensiero di godere una giornata fuori di città, come tutti gli altri facevano, ci rendeva doppiamente angoscioso l'obbligo di dover passare la domenica tra quelle mura. Ma il peggio era nei lunghi giorni d'estate. Allora sì che la Congregazione, specialmente nelle ore pomeridiane, diveniva insopportabile. Subito dopo a pranzo, alle tre, l'ora più calda del giorno, bisognava correre all'Università, ed alle cinque s'usciva di chiesa, con quattro ore di giorno ancora. Che cosa dovevamo fare di noi? Fare una passeggiata di piacere era impossibile, e tornarcene a casa non era una cosa da nulla, essendo l'Università molto distante dal centro, dove la massima parte degli studenti abitava. Non c'era altro partito che ficcarsi in un caffè e là aspettar la sera.
      Però questo inconveniente, di cui ho voluto far cenno, non toccava né me né Cesare; perché, finita appena la Congregazione, andavamo immancabilmente a casa di Fantasio, dove si passavano le ore più calde del meriggio. Fantasio stava vicino alla piazza dell'Acquaverde a quattro passi dall'Università, in una casa molto alta, che dominava Genova e il mare.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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