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      Per questa sola ragione dubito forte se avrei fatto valere tal mezzo di difesa, anche quando il mio alibi fosse stato innocente come l'acqua; ma, ohimè!, il mio era un alibi vergognoso, che non voleva mostrarsi alla faccia del sole. Perché, a dir la verità, avevo passata tutta la mattina di quella domenica al biliardo a fine di dare una lezione di modestia a certo mio compagno, che s'era vantato di darmi due punti di partita sopra sedici; una lezione che mi costò assai cara, poiché senza parlare della perdita d'un anno e di tutte le conseguenti vessazioni di famiglia, mi cagionava l'atroce cordoglio di succhiarmi una patente ingiustizia; senza la consolazione di poter dimostrare a quelli che me l'avevano fatta la loro odiosa balordaggine.
      Pensai, pensai e pensai; ma inutilmente, non seppi trovare il modo di tirarmene fuori. Non c'era altro partito che rassegnarsi alla perdita dell'anno. Così avessi potuto seguire in ciò il consiglio della ragione! Quante umiliazioni mi sarei risparmiate! Ma il mio destino volle altrimenti.
      Fantasio, dal quale capitai per pochi minuti raccontandogli la mia disgrazia con tutto il viluppo delle sue circostanze, giudicò non diversamente da me la mia condizione. "È un dilemma senza uscita", mi disse; "non puoi addurre per testimoni né il caffettiere, né gli altri tre compagni, creduti a quell'ora in Congregazione. L'addurre tali testimonianze sarebbe un partito assurdo e senza alcun giovamento. Sopporta adunque virilmente la tua disgrazia; questo è quanto ti rimane a fare".


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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