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      Il suo carattere, come ho già detto, si era fatto molto acre, specialmente dopo la febbre cerebrale di Cesare. La nube della offesa maestà gl'ingombrava sempre la fronte. Le sue parole, quando gli avveniva di parlare con qualcuno di noi, non erano mai senza amarezza. Da parte nostra la paura di offenderlo involontariamente e di provocare qualche scena ci teneva sempre in guardia, e, per quanto si poteva senza affettazione, rimanevamo in silenzio dinanzi a lui. Da tale disposizione d'animi nasceva uno stato permanente di ritenutezza e d'impaccio in tutte le nostre relazioni; e ciò rendeva sommamente diffìcile il domandato abboccamento.
      Che cosa vi abbisogna?
      disse mio padre con una freddezza che gelava, fermandosi in mezzo alla camera, come a farmi intendere che andassi per le corte. Io cominciai molto intimidito.
      Ho ricevuto questa mattina una lettera che è mio dovere di farle conoscere. Mi rincresce che contenga una comunicazione spiacevole
      .
      Risparmiatemi pure qualunque preambolo rettorico
      , rispose egli. "Ormai sono avvezzo a non aspettarmi nulla di buono da voi. Di che si tratta?".
      Ecco la lettera
      , diss'io; "ma avanti di leggerla mi permetta di chiederle un favore: che lei mi ascolti per un solo minuto, dopo che ne avrà conosciuto il tenore". Non disse né sì né no; prese la lettera che gli presentai e le dette una scorsa. "Voi non sarete contento", gridò in tono di collera concentrata, e comprimendo la lettera colle dita, "finché non siete stato la mia morte, levatevi dal mio cospetto".


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Cesare