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      Ogni sentimento di umana dignità era dentro di me conculcato e sanguinante. Sentirsi innocente e ricevere, come suol dirsi, degli schiaffi da quegli stessi dei quali siamo la vittima è una prova tanto crudele, che non la desidero neanche al mio maggior nemico. E per verità, la piena indignazione, che m'inondava l'anima a quell'indegno trattamento, non aveva confine. Conobbi in quel giorno che cosa significasse odiare.
      Ciononostante non volli darmi per vinto. Avevo fermato dentro di me di poter dire a mio padre: "Ho fatto tutto quello che era umanamente possibile". Perciò scrissi una lettera quanto più potei rispettosa e tranquilla, nella quale mi ripetevo innocente, e mi chiedevo di esser messo in confronto coi miei accusatori. La mostrai a mio padre, che l'approvò pienamente. Di quella lettera feci tante copie, quanti erano i membri della Giunta di pubblica istruzione, e ne lasciai una alla casa di ciascuno di loro, sebbene qualche volta incontrassi molte difficoltà per farla ricevere. Naturalmente, i servitori erano più rozzi e insolenti dei padroni. Nessuno di quei signori mi dette una risposta od accusò di aver ricevuta la mia comunicazione.
      Questa lettera addolcì mio padre per un po' di tempo.
      Egli ne prese copia e la passò con orgoglio ai suoi amici. Cosa strana ma vera! Mio padre, che certamente non peccava per noi di troppa tenerezza, andava però superbo del nostro ingegno e si pavoneggiava di ogni nostro buon successo. Veramente il cuore umano è uno strano miscuglio, un guazzabuglio come dice il Manzoni.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Giunta Manzoni