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      Mi disse che nel convento del Buon Ritiro si faceva in quel giorno un corso d'esercizi per un certo numero di novizi, che si preparavano a professare.
      Mi assicurò che anche i laici erano ammessi senza difficoltà e che inoltre avevano tavola e alloggio gratis (solamente a parole, perché in fatto prima di uscire si soleva fare un regalo, che compensava esuberantemente l'ospitalità ricevuta), e che se io vi andassi e ne riportassi l'attestato, nulla osterebbe alla mia riammissione. Ringraziai come dovevo il Segretario, e andai subito a quel convento, ove fui accolto senza alcuna difficoltà, e dove mi ritirai per quattro giorni.
      La sera del secondo giorno assistevo alla meditazione. La chiesa era del tutto al buio, ed io me ne stavo inginocchiato accanto ad un confessionario, quando fui riscosso da una voce che mi disse in un orecchio: "Non fate motto, io sono il Vadoni: ho bisogno di parlarvi. Stanotte lasciate socchiusa la porta della vostra stanza e ditemi in quale corridoio siete alloggiato e il numero della cella". "Numero 2", gli risposi, "corridoio B, a destra, secondo piano".
      Il Vadoni, come il lettore ricorderà, era uno de' miei compagni di Collegio, il cacciatore di topi. Poche volte mi era avvenuto d'incontrarlo da che uscì dal convitto, e da due anni non l'avevo più veduto e l'avevo quasi del tutto dimenticato. Perciò la mia curiosità fu molto grande; nella notte non potei chiudere occhio, sebbene io avessi dovuto aspettar molto. Finalmente comparve. Nel suo pallore, nella estenuazione, negli occhi infossati era scritta una storia di dolori.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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