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      La prospettiva era poco seducente: era meglio chinare la testa ed inghiottire la pillola quantunque amara; e così facemmo. Lasciammo il ponte, avviandoci verso la città, seguiti dai due angioli custodi, che in cuor nostro desideravamo in fondo del Mar Rosso insieme coi loro principali.
      Questa piccola avventura mi apre naturalmente il passo a dire poche parole del Governo piemontese e de' fatti suoi, prima che lo statuto venisse a mettere termine a una condizione di cose tanto vera, quanto incredibile. Il racconto di pochi fatti basterà al lettore per averne un'idea. Coloro che fossero tentati di tacciarmi d'esagerazione, non hanno a far altro che aprire una storia del Piemonte ultimamente pubblicata, da cui ho tolto quasi tutte le allegazioni e gli aneddoti che sono per riferire.
     
     
     
      CAPITOLO XXI
     
      Condizione del Piemonte
      avanti lo Statuto, accennata per aneddoti
     
      Il Piemonte giaceva prostrato sotto il peggiore di tutti i dispotismi, il dispotismo della sciabola. Governatori militari e comandanti padroneggiavano il paese da veri pascià. Essendo il potere di costoro veramente senza limiti le usurpazioni quotidiane sulla giurisdizione delle autorità civili erano inevitabili, e in mezzo all'arruffata confusione e alla lotta costante per la supremazia, naturale conseguenza di un tale stato di cose, il pacifico cittadino che non sapeva, né dove cercare né dove trovare giustizia, era colui che naturalmente scapitava. Il fatto che ora racconto può dare qualche idea della dignità e moderazione di questi alti funzionari nell'adempimento dei loro doveri.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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