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      Oh! come era deliziosa quella collina con la sua aria dolce, tutta impregnata del profumo di mille fiori silvestri, e con la sua magnifica veduta del porto e della città di Genova, la superba! Spesso dimentichi della caccia, passavamo ore ed ore in silenziosa contemplazione, mentre le nostre anime sulle ali di vaghi, ma dolci aspirazioni, s'innalzavano, come le lodolette, che levandosi quasi disotto ai nostri piedi spiccavano in alto il volo e andavano a perdersi nell'azzurro del cielo. (Oh! perché, pensavamo noi, vi erano Governi così cattivi da impedire di godere in pace le magnifiche opere del Creatore, e di essere felici?).
      Ma, pur troppo, ohimè!, eravamo lontani dall'essere felici! Una piena di entusiasmo, che non trovava come sfogarsi, un'esuberanza di vita, che non sapendo come erompere, si perdeva in vani desideri, ecco il male che logorava come ruggine le nostre vite. L'assoluta impotenza di fare qualche cosa di buono o che ci sembrasse tale, ci rodeva come un germe incessante il cuore. Fantasio aveva scritto due volte ai due emissari per avere notizie, ma non ebbe risposta. E se egli andasse in persona a Parigi? Ma come ottenere un passaporto? Che disgrazia, che il nostro zio canonico non fosse un canonico della cattedrale di Bologna! Se noi potessimo colorire il disegno d'associazione immaginato da Fantasio.
      Eravamo in una grande perplessità. Lo Sforza ed Alfredo venivano qualche volta a vederci (Alfredo era tornato un mese innanzi da Pisa addottorato in medicina), ed erano consapevoli d'ogni nostro più segreto pensiero.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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