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      Di modo che le ansie di quella giornata senza fine, quel mistero, quell'armarsi tutti, si riducevano a farci fare da comparse in un colpo di scena di cattivo gusto e ad ascoltare una storia di folletti, appena buona a spaventar ragazzi. Fu un tiro indegno.
      Fantasio era costernato. Confessava che eravamo stati burlati, ma ne gittava la colpa sopra i parrucconi dell'ordine, come li chiamava; tutta gente di una certa età e diffidente della gioventù, e che perciò non voleva adoperarci in cosa di qualche rilievo; ma al tempo stesso le premeva di tener vivo il nostro ardore e mantenere in noi un'alta idea della setta. Nonostante tutto ciò, non era men vero e certo che l'ordine fosse potente, che avesse radici dappertutto e che non convenisse scherzare con esso. "Ora ci siamo", disse Fantasio, "e bisogna rimanerci. Forse sarebbe stato molto meglio effettuare il mio primo piano d'associazione; ma il pentimento è ora inutile e il giuramento ce lo proibisce". (Difatti uno degli articoli del giuramento vietava ai Buoni Cugini di iscriversi a qualsivoglia altra società segreta). "Ma nulla può impedirci che noi ci procuriamo il modo di operare indipendentemente: ed è questo appunto che intendo proporre. Ognuno di noi scandagli tutti coloro che crede e si assicuri del loro aiuto nel giorno dell'azione. Nessuna affiliazione, nessun giuramento, nessun segno misterioso; nulla insomma di tutto quello che caratterizza le società segrete. Si dia una semplice promessa a voce di presentarsi ad ogni chiamata.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Fantasio Buoni Cugini