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      Tristo destino il mio, esser costretto a passar di mistero in mistero! Non appena ne avevo decifrato uno, eccone un altro nel luogo suo. In ogni caso, il mistero d'oggi si sarebbe svelato la sera del giorno di poi. Qualunque cosa avesse ella potuto fare per occultarsi, ero sicuro che l'avrei riconosciuta: i miei occhi sarebbero stati quelli d'una lince. Che felicità riconoscerla e poterle dire: "Sì, sì, siete voi, vi conosco ai palpiti del mio cuore!".....vedere la sua confusione, udire la prima volta il suono della sua voce! In questi desideri e fantasie spesi il resto del giorno, uno dei giorni più felici della mia vita, perché non v'è felicità simile a quella di un piacere anticipato.
      Ma è destino, ahimè! che non possa esservi quaggiù felicità intera. Mentre rileggevo anche un'altra volta la lettera prima di andare a letto, una circostanza che appena avevo avvertita, o meglio da cui ero rifuggito deliberatamente la mattina mi scombussolò non poco in quel punto. Era una di quelle ferite che non si avvertono nel calore del combattimento, ma il cui bruciore si fa sentire appena il sangue comincia a raffreddarsi. Allora non potei chiudere gli occhi sopra uno sproposito d'ortografia piuttosto grossolano. La stessa parola era scritta due volte, circostanza aggravante, con due r invece d'un solo.
      Queste due lettere s'ingigantivano ai miei sguardi e non mi lasciavano ben avere. Era una gocciola d'aceto nella tazza della mia felicità, la foglia di rosa accartocciata nel mio letto di Sibarita.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Sibarita