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      Mio padre e lo zio Giovanni erano naturalmente presenti alla cerimonia. Non saprei dire se il primo rimanesse o no soddisfatto di me; ma il giorno dopo mi installò in una piccola stanza accanto al suo studio, dove avrei dovuto ricevere i clienti, s'intende, quando ne avessi avuti. Lo zio Giovanni fu più espansivo, e dono avermi abbracciato ripetutamente mi fece sdrucciolare nelle mani un pegno palpabile della sua soddisfazione in forma di un piccolo rotolo di genovine. Una settimana dopo Cesare fece il suo ultimo esame con molta bravura, e col titolo di dottore in medicina gli venne conferito il diritto di vita e di morte sopra i suoi futuri malati.
      Da oltre un mese la madre era andata insieme col più giovane dei miei fratelli a stabilirsi nella tranquilla e sorridente vallata di San Secondo, la cui aria le aveva così giovato nella estate passata. Appena terminati gli esami Cesare si era trasferito colà; Fantasio pure era nel suo casino bianco. Io poi ero costretto a rimanere in città da una spiacevole circostanza che ora dirò. Da una quindicina di giorni m'era venuta fuori un'eruzione che mi dava molta noia. Sul principio era una cosa da nulla, non ci badavo: ma l'eruzione, invece di svanire, era cresciuta, invadendo specialmente la testa e la faccia, e pigliando un'apparenza molto simile a quella del vaiuolo. Questa cosa, naturalmente, non aiutava la mia bellezza, e sentivo perciò una grande ripugnanza a presentarmi a Lilla in tale condizione. Onde qualche giorno innanzi al mio esame avevo sospeso le passeggiate sul bastione di Santa Chiara, non senza averne avvertito Lilla, poiché a quel tempo mi aveva data licenza di scriverle in caso di necessità. Io avevo attribuito la mia assenza ad una leggera indisposizione, senza dire di qual genere fosse.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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