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      A un'ora conveniente andammo a casa di Fantasio. Era egli figliuolo unico e teneramente amato. Trovammo i suoi genitori nella più grande costernazione; la quale era coś naturale che appena osammo proferire qualche parola di conforto. Ci raccontarono che la sera innanzi, quando Fantasio rientrava in casa, verso le undici, secondo il suo solito, un Commissario di polizia con una squadra di carabinieri era venuto ad arrestarlo. Avevano perquisito le sue carte, e ne avevano sequestrate alcune di poca importanza. Entrammo con un grande stringimento di cuore nello studio del nostro amico. Ogni cosa si trova nel medesimo stato in cui l'aveva lasciata Fantasio: un volume di lord Byron, tuttora aperto sulla scrivania; un mozzicone di sigaro sul banco, e accanto ad esso un foglio di carta, sul quale erano scritti alcuni pensieri suggeritigli dal poema che egli allora stava leggendo. Tutto era in quello studio come il giorno innanzi; eppure qual differenza! Ogni cosa all'intorno aveva un aspetto di desolazione. Chi ha dovuto separarsi da qualche amico veramente diletto, sa qual ferita al cuore produce la vista degli oggetti a lui familiari.
      Avevamo combinato con lo zio Giovanni che verso l'ora del desinare sarei andato da lui per avere qualche notizia. Andammo adunque. Lo zio Giovanni sapeva tutto di questa faccenda. Le persone arrestate erano dieci: ne conosceva i nomi, il domicilio, l'età. Otto giovani dai venti ai trenta anni (fra questi lo Sforza), la maggior parte avvocati, e due signori attempati, un curiale assai rinomato, e il Nasi, proprio quel Nasi su cui avevamo fatto assegnamento, la nostra àncora di salvezza!


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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