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      La sola persona che ci rimanesse a tentare era il conte Alberto, ultima nostra speranza; e non esitammo un istante.
      Cesare e Fantasio non lo avevano mai veduto in faccia, né egli loro, sebbene (e il lettore se ne ricorderà) fossero stati presenti alla mia iniziazione nella sua casa. Era stato, a quanto pare, il Nasi che, per mezzo del conte Alberto e di Fantasio, dei quali era conoscente, aveva messo in rapporto momentaneo le due coppie dei domino mascherati; il conte e il suo segretario da una parte, Cesare e Fantasio dall'altra, ma con ordine espresso di non farsi alcuna interrogazione né di lasciarsi conoscere.
      Cesare prese l'incarico di vedere il conte Alberto. Per maggior precauzione e per non correre il rischio di allarmarlo andandolo a trovare in casa, stabilimmo che io dovessi informarmi delle sue abitudini, a fine di sapere dove lo avrei potuto incontrare fuori. Ne dimandai a Lilla, e lei mi parlò di un caffè, dove suo fratello soleva capitare tutti i giorni a una data ora per leggere i giornali. Debbo renderle giustizia: essa mi si mostrò in questa occasione come io mi aspettavo: per una donna di cuore e generosa. M'offrì non solo il danaro che aveva in pronto, ma anche una quantità di gingilli, come li chiamava lei, che si potevano vendere nell'atto ricavandone una bella somma; e per giunta s'impegnò di trovarmi dentro un dato tempo, tutto il denaro che ci fosse abbisognato.
      Cesare vide il conte Alberto, il quale gli fece la più cordiale, più schietta e aperta accoglienza.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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