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      Questo risultato ci tolse tutto il coraggio di provarci a un altro passo di tal genere. Ci accorgemmo che, senza poter riuscire a far del bene a Fantasio, avremmo finalmente compromesso noi stessi. Bisognò dunque rassegnarsi.
      Ora quei due personaggi nominati dal conte Alberto appartenevano veramente ai Carbonari? Questo è quello che non so e che non saprò mai perché sono morti tutt'e due, com'anche il Nasi. Dato pure che vi appartenessero, si può ragionevolmente supporre che non se la sentissero di avventurare il loro segreto alla discrezione di giovani come noi eravamo; e in questo non c'era da dar loro il torto. La società dei Carbonari almeno in Piemonte, componevasi principalmente di Framassoni e di alcuni Carbonari del 1821, avanzati alle burrasche politiche di quel tempo. Erano essi tutti uomini vecchi o almeno maturi di anni e di esperienza, passati per grandi prove, e perciò più inclinati a peccare di eccesso piuttosto che di mancanza, di prudenza. Un carbonarismo così composto doveva badare più alla qualità che alla quantità degli addetti: ed era naturale che il loro numero dovesse essere ristrettissimo. Che i Carbonari fossero oltremodo diffidenti della gioventù, era un fatto dimostrato dalle grandi difficoltà che avevamo dovuto superare per farci ammettere quasi a forza nella setta. Una volta ammessi, il loro pensiero era di tenerci isolati, per modo che, anche volendo, ci fosse stato impossibile commettere qualche grande imprudenza, compromettendo così l'associazione: ed in ciò erano riusciti benissimo, anche troppo bene, giacché eravamo rinchiusi in un cerchio da cui era impossibile uscire.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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