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      Fortunatamente, lo zio Giovanni, con le sue tranquille e instancabili ricerche, aveva trovato il modo di accertarsi del vero stato di cose; onde poté presto rassicurarci, almeno fino a un certo punto. Egli era intimo di un vecchio magistrato, a cui, tempo addietro, aveva avuto occasione di rendere qualche piacere, prestandogli denari; e questo magistrato, contro la regola generale in simili casi, gliene aveva sempre gratitudine. Ora volle il caso che egli fosse incaricato d'istruire il processo di Fantasio e de' suoi coaccusati: per la qual cosa poté dare allo zio Giovanni, naturalmente sotto il più gran segreto, tutte le notizie richieste.
      Fantasio era accusato di appartenere alla setta dei Carbonari, e di avere in un dato giorno e in un dato luogo ricevuto un certo individuo addetto alla società. Costui, che poi si seppe essere un agente di polizia, depose contro Fantasio. Lo stesso agente accusava il Nasi di appartenere alla società e di averlo messo in comunicazione con Fantasio a fine di farlo ricevere fra i Carbonari. Gli altri accusati erano semplicemente processati per appartenere alla setta. Per qual ragione si trovasse sotto processo lo Sforza, da pochi giorni ascritto ai Carbonari, non lo saprei dire: so però che corse voce di una lista di nomi che era stata sequestrata. Comunque si fosse, una cosa stava a favore del Nasi e Fantasio, vale a dire che l'accusa contro di loro aveva per fondamento la testimonianza di un solo individuo agente di polizia. Questo sarebbe bastato di per sé solo alla loro liberazione dinanzi ad un tribunale ordinario, secondo la massima di giurisprudenza, che il testimone unico non costituisce la prova legale: testis unus, testis nullus; ma dinanzi ad una corte marziale, od anche a un tribunale civile, nominata ad hoc, questa unica testimonianza sarebbe stata ammessa, e la condanna degli accusati poteva aversi moralmente per certa.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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