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      La loro vita adunque, come la loro morte, era attaccata ad un filo, cioè dipendeva dalla scelta del tribunale che avrebbe dovuto giudicarli.
      Carlo Felice, che allora regnava, sapendo che si procedeva contro i Carbonari, preso da una mera curiosità, ordinò al Ministro di Grazia e Giustizia di fargli una relazione del processo. Per fortuna il re era un po' infarinato di legge e di questa superficiale cognizione si compiaceva far mostra, come pure aveva un certo rispetto per le forme legali. Si diceva anzi che da giovine avesse studiato legge, e vi si fosse laureato. Ora avvenne che esaminando le carte del processo, non gli sfuggì la circostanza del testimone unico. Questo fatto gli mise nell'animo qualche scrupolo. Per dileguarlo nominò una Commissione di tre dotti ed alti magistrati con incarico di esaminare i documenti, di dire se vi fosse luogo a procedere, e in questo caso di determinare dinanzi a qual tribunale dovesse farsi giudizio. A tale provvedimento Fantasio e gli altri dovettero la loro salute. In virtù di questa decisione, gli accusati avrebbero dovuto esser messi subito in libertà. Ma il Governo, che pareva destinato a non essere mai interamente giusto, fece giustizia a metà. Fantasio e il Nasi ricevettero i loro passaporti, con l'ordine di abbandonare il Piemonte per un tempo indeterminato.
      I coaccusati furono messi in libertà ma assoggettati alla vigilanza della polizia. Il processo era durato un quattro mesi; e fu comune opinione, non sappiamo quanto vera, che uno degli alti magistrati della Commissione fosse Carbonaro.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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