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      Se fra noi vi era alcuno che potesse riempirci il vuoto lasciato da Fantasio era senza dubbio Cesare. Egli era il più nobile giovane che mai vivesse al mondo: aveva mente alta e un cuore d'oro. Ahimè! che mi sia ora concesso di rendergli questa giustizia, sebbene fosse un fratello. È un privilegio che ho pagato, lo sa Iddio, molto caro. Fantasio lo aveva sempre creduto superiore a tutti noi, e mentre aveva per me una sincera affezione, amava Cesare anche di più e lo aveva in più alto concetto. Io lo sapevo e non ne ero geloso: al contrario, il mio orgoglio rimaneva soddisfatto nel vederlo preferito.
      Mio padre si affaccendava molto per trovarmi dei clienti, e spesso mi domandava se il tale o il tal altro fosse venuto a chiedere pareri. - Nessuno era venuto. - Questa risposta negativa lo metteva sempre di malumore, e a forza di fantasticare col suo cervello, credette finalmente di aver trovata la ragione di questa mancanza di clienti. "Io non avevo ore fisse per ricevere chi venisse per pareri". Un uomo d'affari non doveva mai abbandonare il proprio studio per potervisi trovare ad ogni momento. Per verità non vedevo come il rimanere nella mia stanza potesse esercitare un'attrazione sui clienti; tuttavia, per amore della pace domestica, cedetti su questo punto e presi l'abitudine di passar tutta la mattinata nel mio studiolo.
      Un giorno di dicembre, mentre, secondo il solito, me ne stavo fumando un sigaro per ammazzare il tempo, sentii con mia grande sorpresa spingere avanti ed aprirsi la porta del piccolo vestibolo che conduceva al mio santuario.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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