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      Una setta che incomincia a fare assegnamento sopra un centinaio di soci istruiti, onesti, giudiziosi e attivi, tre quarti dei quali hanno il diritto d'iniziare altri (e come si poteva negare questo diritto a tali persone?), una setta così costituita difficilmente avrebbe potuto non mandare innanzi molto bene le cose, tanto più se si consideri la fertilità del suolo che doveva lavorare.
      Le cagioni di pessimo contento abbondavano forse più nell'antico territorio genovese, che in qualunque altra provincia d'Italia. Primieramente era vivo colà, come in qualsivoglia altra regione della penisola, il puro sentimento italiano o antiaustriaco, il cui scopo finale era la cacciata dello straniero e conseguentemente l'indipendenza nazionale; in secondo luogo, il sentimento genovese esclusivamente municipale mirava soltanto ad abbattere l'intruso governo piemontese. Il primo di questi elementi predominava sino a un certo punto nelle classi intelligenti ed educate, e in una parte della gioventù patrizia; ma lo spirito avverso al Piemonte predominava nelle classi popolari e nel vecchio patriziato.
      La storia di questa inimicizia tra Genovesi e Piemontesi poteva ripigliarsi da molto tempo indietro, e potevasene rinvenire la sorgente nelle infinite contese che per alcuni secoli furono tra la monarchia Piemontese e la repubblica di Genova. Così, quando il Congresso di Vienna nel 1815 con un tratto di penna cancellò l'altera repubblica dalla carta d'Europa per donarla ed incorporarla nel regno di Piemonte, suo vecchio e mortale nemico, l'orgoglio nazionale di tutte le classi ne rimase profondamente ferito, e fin d'allora i Piemontesi furono sempre avuti come intrusi ed usurpatori.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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