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      Un dispiacere circa un punto di nessun rilievo era sorto nel Comitato di Torino, per il quale due fra i membri più autorevoli di esso avevano date le loro dimissioni. Subito pensammo di spedire una persona di nostra fiducia a Torino, perché facesse di tutto per rimettere la concordia tra i nostri amici di quella città. Questa commissione fu affidata a me: ed io tanto più volentieri l'accettai, inquantoché speravo di profittare di questo viaggio per conseguire un'altra cosa che mi stava molto a cuore.
      Per provvedere al bisogno di armi, di cui mancavamo affatto, e che era così difficile, per non dire impossibile, introdurre in città, avevamo pensato di fare qualche socio nel corpo d'artiglieria, che stava a guardia dell'arsenale, al fine di poter aver libero accesso a quel luogo quando l'occasione lo richiedesse, e d'impadronirci delle armi necessarie al bisogno. L'artiglieria era stimata; e difatti era un corpo istruito e liberale, e noi potevamo ragionevolmente sperare che avremmo trovato nelle sue file un numero di buoni aderenti. Ma fino allora ogni nostro sforzo per metterci in qualche comunicazione con essa era riuscito vano; e per la estrema prudenza onde doveva essere condotto questo pericoloso negozio; e per essere l'artiglieria quasi tutta composta di Piemontesi, lontani dalle loro case e che per conseguenza non ci davano alcuna di quelle opportunità che nascono dai vicendevoli rapporti tra le famiglie abitanti la stessa città. A Torino, forse coll'aiuto dei nostri amici di colà e con le nuove conoscenze che avrei fatte, sarei potuto riuscire ad aver lettere di raccomandazione per qualche ufficiale del corpo stanziato in Genova, o almeno qualche utile informazione su questo punto.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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