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      La Guardia del Corpo, o chiunque altri fosse, prese il suo cannocchiale da teatro, si piegò sul davanzale del palchetto, e si pose a guardarmi fisso: di questo ne ero sicuro! Dopo la fine del primo atto, Lilla e la vecchia signora dalle piume bianche cambiarono di posto, e l'ufficiale alzandosi in piedi, faceva liberamente uso del cannocchiale.
      Colsi il momento per gettare un'occhiata nel palchetto. Egli se ne accorse e tornò a guardarmi fisso: io lo fissai alla mia volta. Questa specie di scena muta si ripeté due o tre volte nella serata. Tutte le volte che guardavo il palchetto, quell'uomo mi cacciava gli occhi addosso. Allora finalmente m'accorsi che era veramente una Guardia del Corpo. Ero sicuro d'aver veduto, tempo addietro, quel brutto muso, ma non sapevo dargli un nome. A chi mai potevano appartenere quei mustacchi così biondi, che parevano bianchi, e che egli continuamente arricciava e lisciava con una impertinente affettazione?
      Lilla riprese il suo primo posto; l'ufficiale uscì, poi rientrò come se fosse in casa propria. Durante il resto della serata non accadde nulla di notevole. Presso la fine dell'opera, il conte Alberto ricomparve, e la Guardia del Corpo si licenziò, non senza lanciarmi un'ultima occhiata. Finalmente calò il sipario e lo spettacolo ebbe termine. Io ero così stanco ed annoiato dell'essermi dovuto per sì lungo tempo e con gran fatica trattenere, come se avessi rotolato tutto il giorno il sasso di Sisifo e mentre uscivo giurai dentro di me che il teatro non mi avrebbe così presto riveduto; e per consolarmi accesi un sigaro.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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