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      M'ero appunto fermato per questa faccenda, quando mi sentii battere leggermente sulla spalla. Credendo che fosse qualcuno, il quale volesse accendere il suo sigaro al mio, mi volsi e mi trovai a faccia a faccia con l'ufficiale.
      Che le occorre?
      dissi io.
      Mi occorre di saperemi rispose "con quale intenzione lei mi ha guardato fissamente tutta la sera".
      Dacché si è accorto che io stava guardando lei, suppongo che anche lei abbia guardato mefu la mia risposta.
      E supposto che io la guardassi?
      insiste arricciandosi i baffi.
      Una libertà che lei, signore, pensò di potersi prendere con me, 'immaginai che io potessi prendermela con lei: ecco tutto
      .
      Non tuttocontinuò egli. "Se io l'ho offeso...".
      Oh, niente affatto!
      interruppi io; "dice un proverbio: chi ha occhi guarda" e mi mossi per continuare la mia strada.
      La cosa non può finir così
      replicò il mio interlocutore seguendomi. "Se lei non vuol essere l'offeso faccia pure; ma io lo sono, e lei sa che cosa s'intende dire con questo".
      Pensai alla favola del lupo e dell'agnello: soltanto che il mio uomo somigliava piuttosto a un gatto che a un lupo.
      Lei vuol dire che desidera prendersela con me, non è vero?
      dissi io con calore.
      La pigli come vuolerispose, "ma io debbo avere quella soddisfazione che gli uomini d'onore si danno tra loro: non siamo più in Collegio".
      La parola Collegio fu per me una rivelazione. Certo era Anastasio, non altri che Anastasio, pieno di galloni d'oro e con l'aria di un bravaccio! Come diamine non l'avevo riconosciuto prima?
      A quella scoperta tutta la mia collera svanì. L'idea di battermi col mio ex tiranno aveva in verità qualche cosa di ridicolo.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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