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      Prima di lasciare questo argomento, debbo dire al lettore di alcune circostanze che hanno relazione con esso. Dirò primieramente che il dopopranzo del giorno stesso in cui rimasi ferito vennero due signore sconosciute e tutte velate a chieder notizie di me, la più alta delle quali non poteva nascondere i segni della più grande agitazione. Domandò con molta premura se vi fosse qualche pericolo e parve molto confortata dalla risposta negativa. Il lettore attribuisca a chi meglio crede questa caritatevole premura.
      In secondo luogo dirò che Cesare, a cagione della mia lunga malattia, andò invece di me a portare all'ufficiale d'artiglieria la lettera di presentazione che avevo ricevuto a Torino. Egli rimase ammirato del giovine e dell'accoglienza che gli fece, e non molto tempo passò che divennero amiconi.
      In terzo luogo, che sebbene il mio duello fosse noto a tutti, e le leggi contro i duellanti fossero severissime, non fui chiamato in tribunale, e non ebbi il minimo disturbo. Suppongo che il Governo mi credesse abbastanza punito con la ferita che avevo rimediata. Probabilmente per la stessa ragione non ebbi da mio padre alcun rimprovero su questo fatto. Anastasio, che era in congedo fu richiamato a Torino, e tutto finì lì.
      I giorni della mia convalescenza a San Secondo furono forse i più felici della vita; non mai ebbi a provare, come allora, le gioie del vivere. Che dolcezza svegliarsi al canto degli uccelli, udire il fruscio delle foglie che venivano a battere contro la finestra, starmene seduto al sole per ore ed ore contemplando il quieto paesaggio!


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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