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      Era un fervente cristiano, onde il suo ideale di perfezione era di realizzare e stabilire sulla terra quei principii di eguaglianza e di fraternità che sono banditi nel nuovo testamento.
      Un tale uomo, si capisce facilmente, non poteva fare le cose a mezzo. Prima di tutto si assicurò la cooperazione di due amici; il suo stato maggiore, come lo chiamava per ischerzo; e poi si mise all'opera col più grande ardore. La riuscita degli sforzi fatti da lui fu tale da superare le sue balde speranze; onde in poco tempo si trovò a capo di un considerevole numero di adepti. Per tal modo eravamo sicuri dell'accesso dell'arsenale, e di trovarvi non solo le armi che ci abbisognavano, ma anche un numero di uomini pronti ad unirsi e venire con noi. L'opera di propaganda, dall'artiglieria, a cui in principio si era stretta, si estese presto agli altri corpi del presidio della città.
      Non potevano mancare cagioni di malcontento in un esercito organizzato aristocraticamente com'era il nostro (sebbene la legge di coscrizione rendesse la milizia obbligatoria per tutte le classi) e in molti corpi nei quali era chiuso ogni avanzamento al merito, se non era accompagnato da un albero genealogico o da un titolo. In questa condizione si trovavano nove decimi della numerosa ed istruita classe degli ufficiali non brevettati. Mi sia lecito aggiungere con onesto orgoglio che la divisa piemontese copriva molti cuori animosi, che battevano prontamente e fortemente alle parole Italia e Indipendenza nazionale.
      Tale era lo stato delle cose nostre al principio di febbraio del 1833, precisamente quattordici mesi dalla prima fondazione della nuova società; stato pieno di speranze, ma anche di pericoli.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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