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      Coloro che parlano di società segrete, condotte in modo da non essere possibile che siano scoperte, non sanno quello che dicono. Simili società vivono soltanto nel cervello di qualche credulone; e sono come quegli eserciti che esistono solo sulla carta e non corrono mai pericolo d'essere sconfitti. Un'associazione che si componga di un numero considerevole di soci e che non dorma, è una mina che può scoppiare da un momento all'altro. Nelle sue file si trovano sempre degli spacconi, dei fanatici, degli imprudenti, che sono per sé stessi un continuo pericolo; e poi, tale è l'umana natura, anche nei soci meglio disposti a tenersi dentro ai limiti della prudenza, l'impunità a lungo andare genera una specie di falsa sicurezza, che poi conduce a rovina. I cospiratori possono paragonarsi a coloro che lavorano materie infiammabili. Dapprima si circondano d'ogni possibile precauzione; ma presto e insensibilmente, un po' oggi, un po' domani, e così via via, trascurano e sprezzano qualsiasi precauzione, finché si familiarizzano col pericolo; e poiché le sostanze infiammabili ancora non sono scoppiate, finalmente fanno a confidenza con esse, come se non dovessero scoppiar mai.
      Oltre a queste cagioni di pericolo, comuni a tutte le società segrete, che minacciano continuamente la loro esistenza, la nostra ne aveva delle particolari, che rendevano più probabile la sua scoperta; e queste erano, per toccare soltanto delle principali, l'estendersi della setta fra i militari, nelle cui file era ordinato un vasto spionaggio, e la diffusione regolare e costante degli stampati politici.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471