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      Tutte le guardie nei diversi posti erano raddoppiate, piantati cannoni su tutti i punti importanti, disposte truppe in ogni direzione, i forti Castelletto e San Giorgio pronti a fulminare la città al minimo cenno. Oramai era passato per noi il tempo di operare.
      Qual fatto, o piuttosto qual catena di fatti aveva condotto a così deplorabili conseguenze? Dirò in poche parole la verità delle cose. La politica non era entrata per nulla nell'imprigionamento dei due sergenti. Il governo, come ho detto, stava all'erta: ma non sospettava neppur per ombra, che uno dei due soldati che aveva in suo potere appartenesse a quell'associazione, alla quale teneva dietro. L'uno dei due, che aveva ferito l'altro piuttosto gravemente, aveva un grado inferiore, circostanza molto grave per lui. Essendosi di ciò accorto nel corso del suo esame, pensò di trar partito da una confidenza che il compagno in un momento di espansione gli aveva fatto, per avere così un titolo, se non all'impunità, almeno a una diminuzione di pena.
      Egli perciò depose che il suo compagno gli aveva, tempo addietro, accennato copertamente di una società segreta, a cui egli, il compagno ferito, apparteneva ed alla quale si era offerto di fare ammettere il deponente. Lascio immaginare al lettore tutto quello che, per siffatta deposizione, fu tentato col sergente compromesso per farlo cantare. Ma egli era uomo di carattere fermo, e dapprima si contenne bravamente contro tutte le promesse e tutte le minaccie. Allora si ricorse a un infame artifizio, antico quanto il dispotismo, ma quasi sempre di effetto sicuro sopra menti senza coltura.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Castelletto San Giorgio