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      Difatti mi lasciarono passare senza rivolgermi alcuna domanda, o darmi la minima molestia.
      Se tra il vedere quella gente e il giungere io a casa mi fosse passato per la mente qualche dubbio sulle loro intenzioni, la vista di persone appostate ad ogni porta della strada in cui abitavo, evidentemente per osservare qualche cosa o qualcheduno, l'avrebbe del tutto dissipato; era fresca nella mia memoria la ricordanza che lo stesso era avvenuto la notte dell'arresto di mio fratello Cesare, e mi ricordavo d'avere udito raccontare a un nostro vicino che aveva sentito uno dei poliziotti dire agli altri: "È entrato" e subito dopo gli agenti della legge avevano invaso la nostra casa.
      Una di quelle puerili e bizzarre idee, che talora sorgono nella mente degli uomini e la governano anche nelle più gravi congiunture, s'impadronì in quel momento di me; e fra il tumulto di dolorosi e concitati pensieri, debbo confessare che il mio pensiero dominante era quello d'impedire che la stessa operazione riuscisse una seconda volta. Con questa idea, quando fui giunto alla porta di casa, invece di entrare, tirai di lungo, dirigendomi a una oscura volta che sapevo esser lì vicina, e l'attraversai di volo, prima svoltando una e un'altra cantonata. Nel labirinto delle strade strette e male illuminate, che caratterizzano tutte le antiche città d'Italia, presto m'allontanai da quelle persone, che vistomi oltrepassare la mia casa, mi furono dietro a corsa.
      Udito perciò un passo che mi veniva addosso, e mancandomi la lena per continuare a correre, m'acquattai in un oscuro portico lì vicino.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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