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      Impensierito e pieno d'ansia com'ero non feci attenzione e v'inciampai.
      Cattivo augurio, signore!
      esclamò il doganiere, poco sospettando come dovessero le sue parole sonare sinistramente all'orecchio del fuggitivo. Un po' scorrucciato, ma scosso interamente per quel fatto al mio torpore, m'affrettai dietro ai passi del capitano, il quale, mentre stavamo per montare nella barca che ci attendeva, mi disse all'orecchio: "Parlate sempre italiano, mai genovese". Queste parole, come mi parvero indizio che egli si fidasse poco della sua gente, così fecero sventuratamente su me una triste impressione, e m'imbarcai con l'animo non solo molto abbattuto, ma anche agitato da un nuovo e vago sospetto.
      L'ampio spazio del porto e tutta quella parte di città che è agglomerata attorno al suo vasto semicerchio, era avvolta in un'ombra profonda; ma le alte torri di Carignano e i bastioni di Santa Chiara sorgevano innanzi a me, inondati dal caldo e glorioso lume d'una luna italiana. Io fissavo gli occhi su quegli oggetti a me familiari con la intensità di sguardo e di sentimento di chi non li avrebbe mai più riveduti.
      La barca era stata provvista di arnesi pescherecci per dare un colore di verità alla invenzione del mio finto capriccio per un viaggio di pesca. Fuori del porto dovevamo trovare una barca più grande e più veloce, fornita di provvigioni per la nostra navigazione fino alle coste di Francia.
      Per qualche errore o per qualche caso la barca non c'era e noi, non sapendo a che partito appigliarci, ci demmo a bordeggiare, sperando che la barca comparisse.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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