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      Sventuratamente il nostro bordeggio richiamò l'attenzione della barcaccia guardiacoste addetta alla dogana, sempre alla caccia di contrabbandieri; ed io non ebbi poca trepidazione vedendola vogare a tutta forza verso di noi. Quando fu a una certa distanza, il doganiere che la comandava c'intimò di fermarci e mandò al nostro bordo alcuni de' suoi, armati di enormi tromboni, i quali frugarono ogni buco ed ogni angolo, osservando tutto ciò che venne loro alle mani; ma non trovando cosa alcuna da giustificare un arresto, tornarono alla barcaccia lasciandoci liberi di continuare la nostra corsa.
      Ma la barca, senza la quale era impossibile mettere ad effetto il nostro disegno, non ancora compariva, e il capitano si consigliava meco su quello che doveva farsi in questo caso, quando il nostro nemico della dogana comparve di nuovo.
      Nonostante la visita rigorosa che ci era stata fatta, l'ufficiale della dogana, che aveva riconosciuto nel capitano un noto contrabbandiere non aveva potuto liberarsi dai sospetti destati in lui dai nostri insoliti movimenti; per cui comandò in termini che non ammettevano né replica, né indugio, di tornare a terra.
      Nel breve intervallo di tempo che seguì, il capitano fece di tutto per rianimarmi, affermando che non correvo alcun pericolo se mi fossi interamente affidato a lui e fossi rimasto in silenzio e tranquillo; la qual cosa, per essere io straniero e quasi ignorante della lingua del paese, riusciva per me naturalissima. Non parlare era assai facile, ma padroneggiare il mio compagno per modo che non tradisse i sentimenti che mi agitavano, era una faccenda alquanto difficile.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471