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      Il capitano, anch'esso sulle furie, s'alzò, fece una croce coi due pollici delle mani, la baciò con fervore e disse: "Per questo segno tu ubbidirai: hai fatto l'accordo di venir meco in Francia, hai ricevuto la metà della somma pattuita, e verrai: è affare di vita o di morte per questo signore" additando me; "e questa è la ragione per cui non possiamo prender terra".
      Voi mi diceste, quando mi fissaste
      , replicò Spàlatro, lanciandomi un'occhiata d'odio concentrato, "che si trattava d'uno ch'era fallito, e che fuggiva dai suoi creditori. Ora indovino la verità. Meglio che perisca uno che quattro".
      E appena dette queste parole, lasciò andare i remi, e gli altri due compagni parevano vicini a fare altrettanto, quando, prima che avesser tempo di farlo, il Capitano si era slanciato al mio fianco, aveva preso Spàlatro per il collo, l'aveva cacciato giù in fondo alla barca con tal violenza da fracassargli le costole, e presi esso stesso i remi, si mise a maneggiare in modo da fare a ogni colpo uno sbalzo alla barca, come se avesse nelle braccia la forza di dieci uomini insieme. Gli altri rimasero atterriti e stettero in silenzio al loro posto, continuando il proprio ufficio.
      Per più di due ore durò quella terribile lotta tra la violenza della tempesta e l'energia dell'uomo. Alla fine il tempo si calmò, e sebbene le onde si levassero tuttavia minacciose contro di noi, si vedeva bene che ogni pericolo imminente era svanito. Il Capitano tornò al posto di prima accanto a me, accennando a Spàlatro, il quale se ne stava seduto in cagnesco e silenzioso in fondo alla barca dove era caduto, che ritornasse al suo lavoro.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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