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      Doveva perciò inevitabilmente venire il momento, in cui le amare acque dell'anima mia avrebbero rotto il fragile coperchio, e simili alle terribili devastazioni del mondo fisico sarebbero venute a rovinare e devastare la mia ragione.
      Erano cinque notti che non avevo chiuso occhio. I quattro giorni e le quattro notti che ero stato nascosto passarono in quello stato di agitazione, che è proprio di chi, trovandosi in condizioni da dover agire senza alcun indugio, è condannato a rimanere come un istrumento passivo nelle mani altrui. Quasi tutte le ore di quei giorni e di quelle notti noiose le avevo passate a misurare per lungo e per largo la piccola stanza che m'era stata assegnata. Quasi nessun cibo m'ero accostato alla bocca; tanto era il mio accoramento, da togliermi la voglia di mangiare. Per sostener le forze prendevo ogni tanto un sorso di vin bianco. Come ricordo bene la mia piccola tavola, su cui erano posti la bottiglia e il bicchiere, la meschina e barocca mobilia, e la bizzarra e mistica immagine della Madonna appesa a capo del letto!
      Io ero tutt'altro che sicuro; un nulla poteva mandare a vuoto ogni nostra precauzione; ogni fibra del mio cuore si riscuoteva alla memoria dell'angoscioso addio dato a mia madre e a tutto questo si aggiungeva il dolore d'esser stato io la cagione, benché innocente, dell'arresto di mio fratello Camillo in un tempo, nel quale era pur troppo assai più facile essere arrestati che rimessi in libertà. Ero per di più inquieto sulla sorte di tanti cari amici e compagni, di già imprigionati; e in pericolo d'esserlo io stesso da un momento all'altro.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Madonna Camillo