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      I vari periodi della mia mente che si succedettero li ho abbastanza nella memoria; ma l'ordine e la connessione loro sono affatto svaniti. Comunque ricordo una circostanza che in altro momento sarebbe passata inavvertita ma che allora mi parve piena del più orrido significato.
      Ad un certo punto della notte vidi che Spàlatro si piegò verso il compagno, e gli sussurrò qualche cosa all'orecchio, e che questi fece di sì con la testa. Questo bastò a dare una nuova direzione al corso dei miei pensieri, e addivenne come il punto di partenza di nuovi e più definiti terrori.
      Costoropensai "stanno dunque tramando contro di me". Entrato una volta in questa via, ci rimasi e la corsi di galoppo. Sicuro che tramavano: non avevano di già presentito come a loro fosse possibile disfarsi di me? Assassinarmi?
      Qualche tempo dopo, Spàlatro lasciò i remi, tirò fuori di tasca qualche cosa, batté l'acciarino e accese la pipa. Io ne seguivo ogni movimento e ogni gesto con l'ansia penosa di chi crede che la vita e la morte sua siano attaccate a un filo.
      Il compagno di Spàlatro gli parlò dal canto suo all'orecchio: "Un po' più tardi" fu la risposta. Io sentii benissimo queste parole: così ogni dubbio era dileguato: la cosa ormai era certa.
      Né credasi già che io cedessi, vittima volontaria, a quei terrori. Al contrario, quel po' di ragione che mi rimaneva si sforzava disperatamente di prendere il suo vantaggio, ma invano. Più di una volta dissi a me stesso: "Tutto questo è opera di una fantasia malata". Eppure un istante dopo, una parola, un movimento, uno sguardo di Spàlatro bastava a ridestare tutte le mie paure.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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