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      In breve, pareva che fossero in me due esseri distinti; l'uno farneticante, delirante, pazzo, l'altro, nel pieno possesso della ragione, che vigilava e compativa il primo, e si sforzava di rimetterlo in carreggiata: una specie di coro, simile a quello della tragedia greca, che dando sempre buoni consigli, non riesce mai a farsi ascoltare.
      Che fortuna per mepensavo "se potessi cadere addormentato, non destarmi mai più, se è vero che questi uomini vogliono farmi del male; oppure continuare a dormire, finché non avessi toccato il suolo di Francia".
      Ma dover pensare a discorrere meco stesso come potessi uscire da quel labirinto, e doverlo fare, mortalmente sfinito, com'ero, di mente e di corpo, con la coscienza di non poter lottare contro le mie difficoltà: le parole non hanno virtù di dare ad intendere l'orrore di tal condizione! Disgraziatamente, il mondo esterno pur troppo consonava coi miei tetri presentimenti. Masse di scuri nuvoloni correvano rapidamente per il cielo, coprendo affatto la luna nebbiosa: la pioggia si rovesciava, ad intervalli: era una lugubre scena. La notte doveva esser molto inoltrata, dacché il Capitano, che se ne stava seduto a poppa accanto a me, era lì lì per cascare dal sonno. Più volte aveva cercato di persuadermi che andassi a stendermi in fondo alla barca e mi provassi a dormire; ma tutto fu invano, perché io non avevo coraggio. Alla fine, dopo un altro rifiuto, il cui motivo non poteva sospettare neanche a mille miglia, fece quello che aveva consigliato di fare a me; si distese quant'era lungo, e un momento dopo russava saporitamente.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Francia Capitano