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      Io sentii questo spirito dentro di me, e con nuovo coraggio mi disposi a tentare una seconda volta il passo del fiume. Poteva essere un tentativo disperato; ma considerato tutto, era l'unica àncora di salvezza che mi rimanesse. C'era, a dire il vero, la lontana probabilità che una barca passasse così vicina a me da vedere i miei segnali, oppure potevo io stesso esser veduto o udito dall'altra parte del fiume. Ma dall'una o dall'altra di queste due cose probabili mi rimaneva il pensiero che tutt'e due potevano nel caso mio essere un'arma a doppio taglio, poiché potevo essere veduto e udito tanto da quelli che rimanevano dalla parte della Sardegna, quanto da quelli dalla parte di Francia; e i primi potevano far più presto ad arrestarmi che i secondi a soccorrermi. Inoltre non mi sentivo neanche sicuro che il suolo, su cui ero, non appartenesse agli Stati Sardi. Questa considerazione bastò a farmi risolvere di non rimanere più a lungo dove ero. Così, malgrado il pericolo d'attraversare quel fiume impetuoso, senza che ne fossi pratico, determinai di provarmici e di appigliarmi all'unica tavola di salvamento. Così deliberato, mi feci a studiare accuratamente il fiume dalla sua foce fino alla congiunzione dei due rami, per rendermi conto di ogni particolarità dei punti più pericolosi, e mettermi in condizione di trar profitto da ogni circostanza che potesse lì per lì verificarsi.
      Il letto del Varo era assai largo, ma quasi la sua metà era asciutto. Il vero fiume scorreva in quel letto come un lungo tortuoso serpente o come più serpenti, e la corrente così raccolta e stretta insieme aveva tutta la pericolosa violenza dei torrenti.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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