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      Durante la scena di cui ho dato uno schizzo, e che avvenne in una stanza a pianterreno con le finestre aperte che davano sulla strada, una folla di persone si era raccolta tutto all'intorno. Tra questa folla v'era un doganiere, che dalla fisionomia e dagli atti mostrava una grande agitazione. Le poche giaculatorie che avevo potuto udirne esprimevamo chiaramente la sua indignazione per il modo con cui ero trattato, e una grande benevolenza per me.
      Appena fui uscito, quell'uomo mi fu addosso, mi strinse cordialmente la mano, e mi pregò di farmi coraggio. Divenimmo subito amici. Fenouil, così chiamavasi, era un buon compagno, di cuore tenero e generoso, sui cinquant'anni, una di quelle creature così felicemente disposte, per le quali l'esser misero e in bisogno di soccorso è la più grande di tutte le raccomandazioni. Mi profferse i suoi servigi con uno sguardo ed un accento che mi fecero sentire come il miglior modo di contraccambiare la sua bontà era di accettarli e farne uso.
      Prima di tuttodiss'io "ho bisogno d'un par di scarpe".
      Potremo averle subitorispose Fenouil.
      Naturalmente m'aspettavo d'essere condotto a una bottega, ma invece non andammo che al suo tugurio, e per quanto facessi e dicessi, non ci fu verso che non accettassi un paio delle sue proprie scarpe e me le mettessi nell'atto. Erano scarpe di vacchetta, con suole molto grosse, e che certamente non mi andavano troppo bene; eppure mi parvero fatte assai meglio di tutte quelle più costose e più belle che fino allora avevo portate.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





Fenouil