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      Che un facitor di romanzi formi i suoi eroi a capriccio, non ho che dire: come nè meno ho che dire che, trattandosi d'un principe poco noto e in nessun credito appresso di noi, si trascuri una certa minuta esattezza nel formarne l'idea. Ma uomini di questo calibro, stati così celebri nel lor secolo, e più venerati dai vivi de' vivi medesimi, gli Alessandri, gli Scipioni, i Cesari, poter del mondo, questi bisogna guardarsi ben bene che alle nostre mani non perdano la loro effigie. Perchè chi vede, per poco ch'egl'intenda, punto punto ch'ei si senta rimutar quell'idea ch'ei n'ha concepito o per lettura o per sentita dire, o sia con veder loro attribuire de' difetti ch'ei sa ch'e' non hanno a avere, o con levar loro di quelle virtù che glieli rendevano così venerabili, si sente dare una stoccata. Quel concetto di virtù che una volta ha preso piede nella nostra mente interessa d'una strana maniera il nostro amor proprio, che è sempre quello che ci governa, e ogni minima alterazione che vi s'introduca, ci fa subito violenza. Sopra tutto bisogna guardarsi di non far loro il minimo pregiudizio nelle cose della guerra per risarcirglielo in quelle dell'amore. Insino a dar loro la dama di nostra invenzione, e a stemperar qualche discreta dose di passione nella lor gloria, questo passi; ma fare un Antonio d'un Alessandro e disautorare eroi confermati dall'applauso di tanti secoli in grazia dell'amorosa che c'è venuto in testa di dar loro, Iddio ne guardi.
      Io son di quelli che non voglio sentir dire che la passione amorosa vada ritrinciata dalla tragedia, come indegna d'eroi.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263

   





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