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      Ma considero che bisognerebbe accordar troppe cose, e gli animi degni e capaci dell'amicizia non son tanti a questo mondo che sia così facile il trovare da assortirgli a coppie così agguagliate in ogni cosa, tanto più che tra la cordialità e la discrizione si può formare un gran capitale per andar ragguagliando certe esterne disparità, come sarebbe di nascita, d'impieghi e di fortuna. E per tanto, quegli che si trova meglio trattato dalla fortuna bisogna che faccia conto di dimenticarsi talmente di tutti i suoi vantaggi, che se ne possa dimenticare quell'altro ancora, e che scenda tutto quel rialto dove ei si trova, per incontrarsi seco all'istesso piano. In somma, bisogna andare alla parata che a colui non possa mai venire in testa che sotto nome d'amico si vuol per cliente o per servitore: servitore un poco più gradito e più intimo degli altri, ma finalmente servitore; e per questo vogliono essere dimostrazioni di stima, vuol essere facilità d'accesso, vuol essere, bisognando, anche ossequio, e mettersegli altrettanto sotto per via di sincera e rispettosa deferenza, quanto uno se gli ritrova sopra per ragion di posto o di fortuna: altrimenti, infintanto che ci rimarrà ombra di disuguaglianza, ci rimarranno sempre de' rispetti, e l'amicizia starà con delle suggezioni.
      Dalla severità di questa massima mi pare che si possa intendere assai facilmente qual generosità e qual grandezza d'animo io voglia nell'amicizia. Io non posso star sotto a che nel cercar d'amici s'abbia a metter l'occhio a gente che possa esserci buona per l'interesse.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
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