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      Non mi piace lo stile, non mi piacciono i pensieri: la sua Latinità non ha niente di quella del secolo d'Augusto, niente di facile, niente di naturale: tutto ideale, tutto concettini che scuoprono più il fuoco d'Affrica o di Spagna che i lumi di Grecia o d'Italia. Voi ci vedete delle cose tronche che averebbono voglia d'esser sentenze, ma non se la cavano: cose che sorgono e mettono in ardenza lo spirito senza distenderlo al passo. Quel suo discorso sempre forzato mi fa andare innanzi come a paura, e l'animo, in cambio d'appagarcisi e di quietare, ci s'infastidisce e ci sta con suggezione.
      Nerone, che per essere uno de' più mali Principi che abbia avuto il mondo, non lasciava d'essere spiritosissimo, aveva d'intorno certi altri maestri come subalterni, spiriti delicatissimi i quali si dilettavano di metter Seneca in redicolo e di trattarlo benissimo di pedante. Berville stima che in Petronio, Eumolpo sia la maschera di Seneca, ma non già io. Se Petronio l'avesse voluto introdurre sotto un personaggio poco plausibile, gli averebbe più tosto vestito un carattere di Pedante filosofo che di Poeta spavaldo. Anche in tutto il resto non mi pare che vi sia nessuna correlazione. Seneca era il maggior riccone dell'imperio, e faceva sempre lo spasimato della povertà. Eumolpo, un Poeta affamato, e che ci aveva pochissimo gusto: che inveiva eternamente contro la sconoscenza del secolo, e che per consolarsi si rincorava che bonæ mentis soror est paupertas. Se Seneca aveva de' vizj, aveva almeno tanta faccia da nascondergli sotto la giornèa di filosofo, dove che Eumolpo faceva gala de' suoi e si metteva in pochissima suggezione nel pigliarsi i suoi gusti.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
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