Pagina (144/263)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il suo stile però, come ho detto, non si lascia punto abbracciare, le sue massime sono ruvide dimolto, e mi pare una cosa redicola che un uomo che notava nell'affluenza e che si pareggiava con tanto riguardo della propria salute, non avesse altro in bocca che la povertà e la morte.
      Montagne ha osservato di gran correlazioni tra Plutarco e Seneca. L'uno e l'altro, gran filosofo, l'uno e l'altro, gran predicatore di virtù e di saviezza, l'uno e l'altro, maestro d'Imperatori romani: l'uno più ricco e più grande, l'altro più fortunato nel suo allievo. Le massime di Plutarco, al parere del medesimo Montagne, sono più miti e più adattate alla società: quelle di Seneca, secondo lui più sode, secondo me più austere. Plutarco insinua la virtù con una certa amabilità, a segno che non la rende incompatibile nell'uso eziandio de' piaceri. Seneca riduce tutti i piaceri alla virtù, e non riconosce altra felicità che nella filosofia. Plutarco, tutto naturalezza e persuaso per sè, persuade facilmente anche gli altri. Seneca, sempre con la spada alla mano, si fa cuore alla virtù e, come se ella fosse per lui un paese di conquista, gli bisogna cominciarsi dal far la guerra a se medesimo. Quanto allo stile di Plutarco, come io non ho alcuna cognizione del greco, non posso darne alcun giudizio accertato, nè dirne il mio parere: dico bene che tra le sue cose morali, o sia per la gran differenza che è tra le cose e le maniere del suo tempo e quelle del nostro, o sia perchè la mia capacità non ci arrivi, ve ne sono dimolte che io non ne raccapezzo niente.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263

   





Plutarco Seneca Imperatori Plutarco Montagne Seneca Plutarco