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      Tant'è, a detta di costoro, i fati non ebbero maggiore applicazione che il fondar Roma: a tal segno che tutte le industrie della provvidenza si consumarono in adattar di man in mano i diversi genj de' lor primi Re alle varie esigenze dell'ancor non nata Repubblica.
      Io ho a noia ammirazioni fondate sopra novelle o sopra giudizi erronei. Nei Romani v'è tanto di vero da ammirare ch'egli è un far lor torto il mettersi a volergli rialzar con le favole. Lo spogliarli d'ogni vano ornamento è un abbellirgli. Su questa considerazione m'è venuto voglia d'osservargli in lor medesimi, independentemente da ogni vana opinione lasciata o prevalsa; e perchè l'entrar per minuto in tutte le particolarità riuscirebbe lungo e noioso, senza molto fermarmi su i fatti mi contenterò d'osservare il genio d'alcuni tempi più memorabili, e le diverse massime che spesso hanno reso diversa Roma da se medesima.
      I Re ebbero così poca parte alla grandezza del Popolo Romano, che non m'obbligheranno a gran reflessioni; e che sia il vero, gl'Istorici chiamano questa prima forma di governo l'infanzia della Repubblica. Basti dire che tra sette Re in dugento tant'anni, non arrivarono a metter insieme uno stato gran cosa maggiore di quel di Parma o di Mantova, quando in oggi una sola battaglia vinta, in paese un po' aperto, slargherebbe assai più. Quanto poi a que' talenti diversi e particolari che si pretendon di riconoscere in ciaschedun di loro per un gran mistero di provvidenza, non ci so veder cosa che non si fosse veduta per prima in molti altri Principi.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263

   





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