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      Questi erano i costumi de' Romani quando Pirro passò in Italia al soccorso de' Tarentini. La scienza della guerra in Roma era assai mediocre, e quella dell'altre cose affatto incognita. Per l'arti, o non ve n'era di nessuna sorta, o se ve n'era qualcheduna, era rozza e grossolana. D'invenzione, pochissimo, d'industria, punto. Quel che v'era, era un assai buon regolamento, un'esattissima disciplina, una grandezza di coraggio maravigliosa, e più di buona legge co' nemici di quel che usi averne per l'ordinario co' cittadini. La giustizia, l'integrità, l'innocenza, erano virtù comuni. Le ricchezze si conoscevano, ma tra i particolari si punivano come delitto. Il disinteresse andava alla superstizione, facendosi ognuno un debito di trascurar le cose proprie per badare a quelle del Pubblico, l'amor del quale passava per un adempimento di tutti i doveri.
      Detto di queste virtù, diciamo adesso di qualcheduna di quelle azioni che le rendono palesi. Ogni volta che un Principe si contenti d'oppor la forza alla forza, senza valersi d'altri mezzi che aperti e legittimi per disfarsi d'un nemico formidabile, il mondo non pretende di vantaggio, e si contenta di chiamar questo Principe uomo da bene. Ma l'arrivare a metter al coperto questo nemico dalle insidie che gli son tese da altri, e farsi debitore della conservazione di chi vuol perder noi, questa è una generosità, in oggi senza esempio. Or quest'esempio si trova tra i Romani di quel tempo.
      Un Medico confidente di Pirro viene a offerirsi a Fabrizio di dargli il veleno, con questo, che l'onorario corrisponda alla cura.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263

   





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