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      Due cose osservo io ne' Tragici antichi: l'una, che s'attaccano con una esattezza così superstiziosa a rappresentar la serie de' successi, che il più delle volte fanno giocar pochissimo le passioni. L'altra, che eziandio nel più forte dei grandi accidenti, si mettono a posat'animo a darvi delle lezioni di morale quando voi non volete altro che sconcerto e che disperazione.
      Corneille, senza tacervi mai niente di quello che avete a sapere, vi mette sempre davanti agli occhj tutto il fondo dell'azione insino a quel segno che lo comporta il decoro: e pure con tutta questa misura vi fa andare il sentimento fin dove vuole, guidando la natura con una mano così leggiera che nè la ributta, nè la lascia precipitare.
      Egli ha ripurgato il teatro degli antichi da tutta la barbarie, e ha mansuefatto la loro scena con qualche tenerezza amorosa dispensata con una giudiziosa sobrietà, guardandosi con una somma attenzione, quando è tempo di temere o di piagnere, di non distrar l'animo da quei sentimenti che merita il caso, con l'inopportune tenerezze d'un sospirar d'amore che, muti d'aria quanto si pare, è sempre l'istesso.
      Per molto che io lodi questo gran Tragico, nessuno mi sentirà dire che egli sia l'unico che meriti gli applausi del nostro teatro. Noi ci siamo pure inteneriti alla Marianna, alla Sofonisba, all'Alcinoe, al Vincislao, allo Stilicone, all'Andromaca, al Britannico, e a più altri: nè, perchè io non mi ci diffonda, intendo punto di derogare alle loro lodi. Io sfuggo solamente l'esser lungo, che però mi servirà il dire che, nella tragedia, nessuna nazione può disputarci il teatro.


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Opere slegate
di Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond
pagine 263

   





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