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— Ma incontrerà la Tigre! — esclamò Sandokan, stringendo i pugni e fremendo dai piedi al capo.
 — Sì, la incontrerà e forse nella pugna soccomberà, ma il suo grido di morte giungerà fino sulle coste di Labuan ed altri muoveranno contro di te. Morranno molti leoni, poiché tu sei forte e tremendo, ma morrà anche la Tigre!
 — Io!...
 Sandokan aveva fatto un salto innanzi, colle braccia contratte pel furore, gli occhi fiammeggianti, le mani raggrinzate come se stringessero delle armi. Fu però un lampo: si sedette dinanzi al tavolo, tracannò d'un sol fiato una tazza rimasta piena e disse con voce perfettamente calma:
 — Hai ragione, Yanez; tuttavia io andrò domani a Labuan. Una forza irresistibile mi spinge verso quelle spiagge, e una voce mi sussurra che io devo vedere la fanciulla dai capelli d'oro, che io devo...
 — Sandokan!...
 — Silenzio fratellino mio: andiamo a dormire.
 FEROCIA E GENEROSITÀ
 All'indomani qualche ora dopo che il sole era sorto, Sandokan usciva dalla capanna, pronto a compiere l'ardita impresa.
 Era abbigliato da guerra: aveva calzato lunghi stivali di pelle rossa, il suo colore favorito, aveva indossata una splendida casacca di velluto pure rosso, adorna di ricami e di frange e larghi calzoni di seta azzurra. Ad armacollo portava una ricca carabina indiana rabescata e dal lungo tiro: alla cintura una pesante scimitarra dall'impugnatura di oro massiccio e di dietro un kriss, quel pugnale dalla lama serpeggiante e avvelenata, tanto caro alle popolazioni della Malesia.
 Si arrestò un momento sull'orlo della gran rupe, scorrendo col suo sguardo d'aquila la superficie del mare, diventata liscia e tersa come uno specchio, e lo fermò verso l'oriente.
 
        
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