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Sandokan gli lanciò uno sguardo, che fece fremere l'imprudente, quantunque fosse uno di quegli uomini che si rideva della mitraglia.
 — Ubbidisci e non una parola se vuoi vivere — gli disse Sandokan.
 Il malese s'allontanò rapidamente, traendosi dietro la sua banda, composta di uomini coraggiosi fino alla pazzia e che ad un cenno di Sandokan non avrebbero esitato a saccheggiare il sepolcro di Maometto, quantunque tutti maomettani.
 — Vieni Yanez — disse Sandokan, quando li vide imbarcati.
 Stavano per scendere la spiaggia, quando furono raggiunti da un brutto negro dalla testa enorme, dalle mani ed i piedi di grandezza sproporzionata, un vero campione di quegli orribili negritos che s'incontrano nell'interno di quasi tutte le isole della Malesia.
 — Che cosa vuoi e da dove vieni, Kili-Dalù? — gli chiese Yanez.
 — Vengo dalla costa meridionale — rispose il negato, respirando affannosamente.
 — E ci rechi?
 — Una buona nuova, capo bianco; ho veduto una grossa giunca bordeggiare verso le isole Romades.
 — Era carica? — chiese Sandokan.
 — Sì, Tigre.
 — Sta bene; fra tre ore cadrà in mio potere.
 — E poi andrai a Labuan?
 — Direttamente, Yanez.
 Si erano fermati dinanzi ad una ricca baleniera, montata da quattro malesi.
 — Addio, fratello — disse Sandokan, abbracciando Yanez.
 — Addio, Sandokan. Bada di non commettere delle pazzie.
 — Non temere; sarò prudente.
 — Addio e che la tua buona stella ti protegga.
 Sandokan balzò nella baleniera e, con pochi colpi di remo, raggiunse i prahos, i quali stavano spiegando le loro immense vele.
 
        
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